20 Aprile 2024

Storia di Virdimura, la “dutturissa” nella Sicilia aragonese

Tanto tempo fa la medicina assumeva delle sfumature non propriamente scientifiche. Di fatto chi si occupava di cure mediche poteva considerarsi esperto cultore di un’arte privilegiata. Con un’unica eccezione: che a praticarla non fosse una donna. La storia che stiamo per raccontarvi è quella di una medichessa, una medichessa di professione. Virdimura è il suo nome ed era moglie del dottor Pasquale de Medico di Catania. Di lei scopriremo come riuscì a ottenere l’idoneità ad esercitare la medicina e la chirurgia nella Sicilia aragonese del XIV secolo. Era ebrea e di buona estrazione sociale, e pare fosse a conoscenza dei noti testi medici giudaici e arabi del tempo, in pratica quelli che giravano nell’ambito della Scuola Salernitana, la più importante e multiculturale facoltà di medicina del Mediterraneo.

Nel Medioevo una donna che medicava, offriva sollievo ai dolori umani, letteralmente curava i malanni, era spesso tacciata di stregoneria, perché pensante, dispensatrice di saggezza e ars medicinalis che solo gli uomini erano in grado di elargire con onore e senza destare alcuno scandalo. In realtà per molti degli ammalati che non potevano permettersi di pagare, c’erano le sorelle, le madri, le mogli dei medici, che generosamente prestavano i servigi tanto opportunamente indicati dal giuramento di Ippocrate. In particolare le medichesse abusive si dedicavano a pazienti donne per un parto da tacere, un aborto clandestino, pratiche di contraccezione oppure, ancora più di frequente, per il tanto nascosto ripristino della “verginità”, almeno prima di uno sposalizio. Tra le straordinarie figure di curatrici che emergono dalla storia, quella di Virdimura affascina particolarmente. Di lei sappiamo che si recò a Palermo, al cospetto di una commissione regia, istituzione fondata ai tempi di Federico II, e che fu largamente esaminata e anche elogiata per le sue capacità curative.

Era il 7 novembre del 1376. Virdimura non solo riuscì a ottenere la tanto desiderata qualifica a svolgere le funzioni di medico e chirurgo ma, in sede di esame, impose che fosse dichiarata la sua filantropia. Un documento conservato nell’Archivio di Stato di Palermo attesta la competenza di Virdimura a esercitare la professione medica in tutta la Sicilia specificando una richiesta propria della donna: “Poter curare i poveri e tutti quelli che non potevano pagare gli esosi onorari chiesti dagli altri medici”. Questo ci fa pensare a quanto fosse necessario per la “dutturissa” esercitare la professione in modo del tutto riconosciuto e nello stesso tempo poter donare il suo sapere a chi non avrebbe potuto remunerarla. Dopo tutto i colleghi medici non avrebbero battuto ciglio, la catanese avrebbe solo tolto loro qualche scrupolo di troppo. 

Daniela Frisone

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