29 Marzo 2024

Crisi industriale, la Cgil invoca la mobilitazione sociale

La Cgil, attraverso il suo segretario generale, Roberto Aloisi denuncia un disimpegno politico-istituzionale che colpisce l’intera zona industriale.

“L’immobilismo della politica e la debolezza conclamata del Governo Regionale – si legge in una nota di fuoco – lasciano la nostra zona industriale in un limbo sospeso sull’orlo del baratro. Dopo gli annunci roboanti della richiesta avanzata dalla Regione Sicilia al Ministero per l’istituzione dell’area di crisi complessa, già a suo tempo considerata una inutile forzatura dalla Cgil e la scadenza dei termini senza alcuna risposta entro i quali il Ministero avrebbe dovuto esprimere il suo parere, siamo di fronte al disimpegno politico-istituzionale aggravato da una lunga campagna elettorale sempre più avvitata nella ricerca di riposizionamenti individuali piuttosto che occuparsi di problemi generali e di crisi industriale. Il rischio di una recessione tecnica dell’intero apparato industriale è sempre più vicino e con esso lo spettro di una recessione sociale ed occupazionale si fa sempre più concreto. Eppure tutto rimane paralizzato, il Governo nazionale colpevolmente tace, quello Regionale getta la spugna, i rappresentanti politici precipitano nell’ afasia e i poteri istituzionali stentano ad alzare la voce. Rimane un’unica strada: la mobilitazione e la pressione sociale e ci misureremo su questo. L’isolamento di Siracusa e più in generale dell’intera Sicilia rispetto alle scelte del Governo nazionale a forte trazione centro settentrionale acuiscono le diseguaglianze sociali e rischiano di pregiudicare pesantemente il futuro della nostra terra e della nostra gente. Il nostro sistema imprenditoriale, che pure spesso predica bene ma razzola male, continua a lanciare allarmi sociali e produttivi sulla tenuta dell’intero sistema industriale ma non ha ancora deciso con coraggio da che parte andare. In terra di Sicilia troppe volte si annuncia di voler cambiare tutto perché nulla cambi. La svolta ecologica, che pure oggi è fortemente messa a rischio da uno scenario di guerra che rimescola le carte a seguito della sopravventa emergenza dell’ approvvigionamento energetico, è oggi obiettivamente indebolita dall’urgenza di far fronte in qualunque modo al fabbisogno energetico del Paese che scopre solo adesso la dipendenza da Paesi terzi oggi ostili. Eppure, la transizione energetica volta alla decarbonizzazione, al risanamento ambientale, alle bonifiche e al riutilizzo dei luoghi per nuovi insediamenti in grado di diversificare la mono cultura industriale fino ad oggi circoscritta nell’ambito petrolchimico, potrebbe e, continuiamo a pensare, dovrebbe fare la differenza. Certo, la drammatica situazione che viviamo in queste settimane impone rallentamenti e scelte d’emergenza ma la strada segnata rimane invariata. Occorre disaccoppiare le emissioni di Co2 dalla crescita economica, produrre benefici ambientali e di sviluppo sostenibile,  è possibile e va fatto con coraggio e determinazione. Abbiamo le conoscenze, le tecnologie, i mezzi e persino le risorse per affrontare la sfida. Quello che manca sono le Politiche, gli indirizzi industriali e la forza della rappresentanza politica, imprenditoriale ed istituzionale del territorio. Sia la minaccia delle conseguenze di un conflitto feroce ed inaudito che le opportunità sono oggi più grandi che mai ma il cambiamento è il futuro. E’ la Storia  che ci mette di fronte a scelte difficili alle quali rispondere con autorità e decisionalità. E noi non staremo a guardare”.

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