20 Aprile 2024

Tommaso Gargallo, Marchese di Castel Lentini, il primo siciliano all’Accademia della Crusca

Tommaso Gargallo

Fu letterato. Amò i viaggi e lo studio, prima ancora dei doveri del suo casato. Tommaso Gargallo, Marchese di Castel Lentini, nacque a Siracusa nel 1760. Un uomo illustre, ricordato attraverso le sue Opere edite ed inedite, pubblicate nel 1923 dal discendente Filippo Francesco. I meriti del Gargallo spaziano dalla traduzione delle Odi di Orazio e delle Satire di Giovenale alla produzione lirica, in cui sentì forte la tradizione dei classici mista all’influsso dei romantici, fino ad arrivare alle Memorie patrie per lo ristoro di Siracusa (1791). Un’opera che, secondo lo storico Natali, lo rivela come “uno dei più coraggiosi statisti ed economisti della fine del secolo XVIII, un gentiluomo illuminato, tutto amor del popolo e amor di giustizia”. In realtà, nonostante il re Ferdinando di Borbone lo nominasse ministro della guerra, Tommaso Gargallo rinunciò ben presto alla carica per dedicarsi alle lettere e alla vita privata. Una scelta piuttosto evidente nelle sue Memorie autobiografiche, prodotte in tarda età. A parte i ricordi su importanti personaggi come Pio VII, Luigi de’ Medici e letterati del calibro di Vincenzo Monti e Alessandro Manzoni, l’autore racconta di sé, dei suoi pregi e dei suoi difetti: la sconfinata passione per l’arte e la cultura classica, il suo essere cortigiano e la vanità che lo portò a dichiararsi più giovane di sette anni.

Ippolito Pindemonte

Proprio nelle Memorie il letterato siracusano spese un pensiero speciale per Ippolito Pindemonte. Un rapporto sincero, il loro, sbocciato tra il 1779 e il 1780: “il tempo in cui – sottolineò il Gargallo – ebbe principio l’amicizia tra il Veronese e il Siracusano, di cui forse l’istoria letteraria d’Italia non tacerà”. A quanto pare il Pindemonte, dopo un viaggio a Malta, era sbarcato nel 1779 a Siracusa e per due settimane si trattenne nella nostra città per bere l’acqua della Fonte Aretusa, a quei tempi nota per le sue doti magico-terapeutiche. Poi cominciò il suo itinerario siciliano, portando con sé il giovane Gargallo tra l’Etna e la città di Catania.  Un viaggio durato quaranta giorni, che inaugurò la formazione letteraria del siracusano e l’inizio di un’amicizia che durò quasi mezzo secolo.

Alessandro Manzoni

Una fra le lettere che il veronese scrisse al Gargallo è quella che contiene la traduzione della decima egloga, in cui Virgilio parla del mare di Sicilia e della Fonte Aretusa, insieme all’affettuoso ricordo del soggiorno aretuseo. Di contro, il nostro marchese penserà all’amico scomparso quando nel 1832 pubblicherà a Napoli le sue famose epistole Le Veronesi.

È pure vero che Gargallo riuscì a stringere rapporti affettuosi con altri grandi letterati come Parini, Alfieri e Foscolo, tanto che fu il primo siciliano ad essere invitato a far parte dell’Accademia della Crusca. Piuttosto, l’incontro con Manzoni non si rivelò piacevole. Il clima poco disteso, a causa di una diatriba letteraria di quel tempo tra i classici e i romantici. In poche parole Gargallo andò a trovarlo e lo indusse ad entrare nel merito della questione, ma il milanese, con modi austeri, si guardò bene dal farlo. La conversazione tra i due fu breve e per nulla gradevole, così il Manzoni non ritenne opportuno ricambiare il favore della visita al nostro marchese. L’episodio non dovette scalfire l’animo del siracusano: Tommaso Gargallo era un uomo affabile e di larghe vedute. Di lui ci piace ricordare infine l’attenzione a quella bellezza che, nonostante i numerosi viaggi, riuscì a riconoscere solo negli occhi delle donne siciliane: “De l’incanto il poter tutto si chiude / Nel giro de’ vostr’occhi onnipossenti, / E chi privo è di lor, di vita è privo”.

Daniela Frisone

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