14 Luglio 2025

Quarant’anni dopo l’esplosione dell’ICAM: un anniversario tra memoria e responsabilità

19 maggio 1985 – 19 maggio 2025. Sono passati quarant’anni da uno degli eventi industriali più drammatici della storia italiana recente: l’esplosione dell’ICAM. Oggi, quel disastro torna a interrogare coscienze, istituzioni e comunità sulla sicurezza, la memoria e il futuro di un territorio che continua a vivere pericolosamente.

Nella tarda serata del 19 maggio 1985, alle ore 23:25, una serie di esplosioni e un vasto incendio sconvolsero l’impianto ICAM – Impresa Congiunta ANIC Montedison, situato nel cuore del polo petrolchimico di Augusta-Priolo-Melilli. Le fiamme si levarono nel cielo notturno con funghi infuocati alti centinaia di metri, visibili a decine di chilometri di distanza. L’impianto di cracking dell’etilene venne quasi completamente distrutto in uno dei più gravi incidenti industriali mai registrati in Italia.

Quel giorno, decine di migliaia di persone fuggirono nel panico. Le città circostanti si videro impreparate, prive di vie di fuga adeguate, abbandonate a una drammatica evacuazione improvvisata. Il rischio di un effetto domino e di una nube tossica gravò come un incubo sulla popolazione. Sebbene il numero delle vittime non fu elevato, la portata dell’evento – in termini di impatto ambientale, psicologico e gestionale – fu immensa.

A distanza di quattro decenni, Legambiente – attraverso i circoli di Augusta, Melilli, Priolo e Siracusa – invita a riflettere non solo su quel tragico anniversario, ma su tutto ciò che è accaduto (e non accaduto) dopo.

Un’eredità scomoda e pericolosa

L’impianto ICAM fu ricostruito in poco più di un anno. Ma ci vollero molti altri anni perché fossero progettate e, in parte, realizzate quelle vie di fuga che si rivelarono tragicamente assenti. Solo dieci anni dopo, nel 1995, fu approvato un Piano di Risanamento Ambientale. Ma l’attesa per un vero Piano di Emergenza esterna fu ancora più lunga – e la sua applicazione, oggi, resta lacunosa, poco conosciuta dai cittadini e scarsamente esercitata.

Nel frattempo, la consapevolezza collettiva del rischio si è affievolita. Impianti obsoleti sono stati chiusi, ma ne sono stati attivati altri a rischio di incidente rilevante, come l’IGCC Isab/Goi e il deposito GM Gas, collocato accanto alla ferrovia. Nonostante le lezioni del passato, si è continuato a costruire centri commerciali e nuove urbanizzazioni in aree altamente vulnerabili, senza reale valutazione del pericolo. Una miopia pianificatoria che, secondo Legambiente, mette a repentaglio vite umane e rende inefficaci i piani di protezione civile.

Incidenti che continuano, sicurezza che non arriva

Gli incidenti non sono finiti con ICAM. Solo nell’ultimo anno si sono verificati episodi preoccupanti: il 26 agosto 2024, la fuoriuscita di 17 tonnellate di idrocarburi dall’ISAB Sud ha provocato una “pioggia oleosa” su aree urbane limitrofe; il 12 novembre 2024, un guasto ha causato il rilascio in torcia di grandi quantità di gas, proseguito nei mesi successivi con frequenti sfiaccolamenti neri e spettacolari. L’11 aprile 2025, un incendio all’impianto Butamer della Sonatrach ha causato gravi ustioni a due lavoratori.

Questi eventi dimostrano che l’area industriale di Augusta-Priolo-Melilli continua a essere vulnerabile e che la cultura della prevenzione è ancora lontana. Vie di fuga bloccate, aree di raduno inaccessibili, piani ignorati o ostacolati da urbanizzazioni incontrollate: tutto ciò rappresenta un rischio inaccettabile.

Verso un futuro incerto: tra chiusure e transizione

Si prevede che l’impianto ICAM/Versalis chiuderà entro il 2025. Al suo posto si parla di una bioraffineria per la produzione di biojet e un impianto di riciclo chimico della plastica. Una svolta verso la transizione ecologica? Forse. Ma, ammonisce Legambiente, non può esserci vera transizione senza garanzie per la sicurezza ambientale e occupazionale.

Oggi, circa 1400 persone, tra lavoratori diretti e indotto, dipendono dal settore della chimica nella zona. Garantirne il futuro è essenziale. Ma altrettanto essenziale è assicurare, subito e concretamente, la sicurezza dell’intera area industriale. È inaccettabile che essa sia rimasta un “territorio sacrificato”, dove incidenti e paure sono stati a lungo considerati il prezzo inevitabile del progresso.

Memoria e impegno: non dimenticare l’ICAM

A quarant’anni dall’esplosione, la memoria dell’ICAM deve restare viva. Non solo come ricordo doloroso, ma come monito. Perché non si può costruire alcun futuro – né industriale, né ecologico, né civile – senza una consapevolezza profonda del passato. E senza la volontà politica e istituzionale di mettere davvero al primo posto la sicurezza, la salute e la dignità dei territori e delle comunità.

Per questo Legambiente lancia un appello: ricordare l’ICAM non può essere un gesto rituale. Deve essere un impegno concreto, affinché simili tragedie non si ripetano mai più.

Legambiente – Circoli di Augusta, Melilli, Priolo, Siracusa
19 maggio 2025

Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

ascolta la nostra web radio

Seguici sui Social