16 Aprile 2024

EDITORIALE – I tamburi di via Algeri che suonano il riscatto

White paint c’è scritto ancora sull’etichetta lasciata sul bidone che un bambino tiene al collo. La vernice bianca che può cancellare, ma anche ridare luce ad un luogo da ritinteggiare con nuovi colori.

Dieci, venti bidoni che diventano tamburi e che oggi sembrano fare più rumore dei fuochi d’artificio notturni esplosi sempre allo stesso orario anche in quella parte di città. Vincono loro stamattina, vincono quei mocciosi picchiando duro su quegli strumenti improvvisati che possono significare anche riscatto.

Il suono arriva dal cortile della ex scuola Chindemi di via Algeri dove si è firmato un protocollo contro la dispersione scolastica che in provincia di Siracusa, secondo l’ultima ricerca di Save the children, è del 11,27% (la cronaca nel pezzo di Emiliano Colomasi). Tutto intorno palazzi alveare che trasudano umidità e rilasciano pezzi di intonaco staccati e in pericoloso equilibrio. Ci sono donne che sbirciano da dietro una finestra. Sono poche. Tutto resta chiuso, abitanti – fintamente – per nulla incuriositi da tutta quella gente e da quei tamburi. È il tentativo di chi non si rassegna al fatto di aver perso. Di aver perduto centimetri dopo centimetri.

Lo Stato oggi ha i volti di un Prefetto, di due magistrati, di comandanti, di sindaci, di rappresentanti di istituzioni e di uno, dieci, venti bambini che rincorrono anche le bolle di sapone sul nuovo campetto in erba sintetica.

Nel ventre della ex scuola vandalizzata per anni, restano dei murales. Sono intatti, forse restano immagini sacre anche per chi distrugge. Forse una parte di queste sono state colorate da quel bambino diventato troppo presto grande e nel modo sbagliato.

Sul pavimento del nuovo auditorium ancora le tracce dell’incendio appiccato qualche tempo fa. Che restino lì, dice il Prefetto. E ha ragione, perché quel nero che spacca la luce deve ricordare cosa siamo stati.

Vicino alla scuola, all’interno di un’aiuola senza fiori e con un vecchio copertone colorato ad ingentilirla, un Cristo con le braccia spalancate e due crocifissi tenuti addosso con una collana di pietre.

Tempo fa, un gruppo di architetti francesi, intervenendo nel dibattito sulla riqualificazione delle periferie, furono estremamente chiari: gli interventi architettonici, di colore, di murales non servono a nulla se non si mette in campo una riqualificazione sociale in quelle parti di città.

E stamattina il Prefetto Giusi Scaduto lo ha ripetuto più volte rivolgendosi ai mocciosi presenti: non sono le cose che fanno gli uomini, sono gli uomini che fanno le cose.

Ma questa è un’altra storia che non tocca ai bambini capire.

Prospero Dente

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